“A sua immagine?”: un saggio su fede e disabilità. La presentazione con don Colmegna

Don Virginio Colmegna ha partecipato oggi alla presentazione del libro “A Sua immagine? Figli di Dio con disabilità“, che contiene proprio un saggio del socio fondatore della nostra associazione. L’iniziativa si è svolta presso la sede di LEDHA-Lega per i diritti delle persone con disabilità. Il testo, edito da La Vita Felice, è curato da Alberto Fontana e Giovanni Merlo e contiene il contributo di autorevoli voci laiche e cattoliche che riflettono sul rapporto tra fede e disabilità.

Di seguito il video della presentazione:

All’incontro hanno partecipato i vari autori del saggio.

Padre Giuseppe Bettoni, fondatore e presidente di Arché; don Virginio Colmegna, presidente Fondazione Casa della carità “Angelo Abriani” e socio fondatore di SON; suor Veronica Donatello, responsabile CEI per la pastorale delle persone con disabilità; Ilaria Morali, professore di Teologia dogmatica presso la Pontificia Università Gregoriana; Salvatore Nocera, dirigente FISH (Federazione italiana superamento handicap) e fondatore del Movimento Apostolico Ciechi; Giacomo Panizza, fondatore della comunità Progetto Sud e docente presso l’Università della Calabria; Matteo Schianchi, storico e ricercatore presso l’Università degli Studi Milano-Bicocca; Vittorio Scelzo, pastorale delle persone con disabilità del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita; Roberto Speziale, presidente nazionale Anffas e componente dell’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità.

L’incontro, condotto e moderato da Riccardo Bonacina, fondatore di Vita Magazine, che da anni è punto di riferimento per l’informazione della sostenibilità, del racconto sociale e del terzo settore, si è concentrato sul tema che fonda la relazione tra teologia e disabilità. Un nuovo punto di vista, una nuova visione che vuole evidenziare il rapporto fede-disabilità all’interno del significato teologico dell’uomo nella sua relazione con Dio.

Tutto nasce dalle riflessioni generate dal lavoro a cui Justin Glyn si è dedicato quando, nel giugno 2019, ha pubblicato il testo “Us not them” (“Noi non Loro”). L’autore, gesuita non vedente di origine australiana, avvocato e docente di Diritto Canonico presso Catholic Theological College, General Counsel del distretto australiano della Compagnia di Gesù, sostiene la visione di una Chiesa non solo per chi è accanto alle persone con disabilità, ma che diventi essa stessa l’incarnazione di quel “Dio ferito” già fragile e mancante

All’interno di questa cornice il tema del saggio è il cambiamento. Sino ad oggi, le dichiarazioni ufficiali della Chiesa come quelle sulla teologia della disabilità, hanno oscillato fra due posizioni scomode: da un lato disabilità come colpa o peccato, dall’altro disabilità come strumento di redenzione. Come superare allora la mera retorica dell’inclusione per giungere a comprendere una volta per tutte che ciascuno, a prescindere dalle proprie disabilità e abilità, deve essere riconosciuto come essere unico ed irripetibile?

Il “cambiamento” proposto dal libro

Il primo cambio di paradigma affrontato dal libro, e dal quale prende vita il percorso di riflessione, si fonda sulla visione teologica della vita dell’uomo: creato a immagine di Dio. Porre al centro quel “A Sua immagine” significa partire dalle ragioni spirituali e teologiche per le quali ha avuto origine la vita dell’uomo. Essendo ad immagine di Dio, l’individuo umano ha la dignità di persona. Ed è proprio in questo percorso di riconoscimento della bellezza di essere stati creati ad immagine di Dio, si inserisce il valore del limite e della fragilità.

Da qui il secondo cambio di paradigma proposto dal saggio: se la fragilità viene riconosciuta parte della condizione dell’uomo, allora è possibile superare il dualismo “Noi – loro”, di cui si parla nell’opera di Glyn. Essere fragili non significa essere fermi, ma vuol dire avere il coraggio di fare i conti, ciascuno, con il proprio limite. Ed è da questa consapevolezza che la fragilità diventa risorsa, perché pone alla scoperta di nuove opportunità per tutti. È il cambiamento sociale nel quale l’altro percepito “diverso da noi stessi”, che diventa parte del nostro stesso percorso di ricerca. 

Questa nuova visione sociale introduce il terzo cambio di paradigma, che pone la realizzazione di ogni uomo nella relazione di reciprocità con l’altro. Superando la retorica dell’inclusione sociale, ciascuno potrà essere vissuto come persona di valore e con la quale porsi in relazione. Lasciare spazio, dunque, al protagonismo di ciascuno mette in discussione una visione pastorale paternalistica: dall’aiuto caritatevole, all’impegno reciproco e concreto di costruire, insieme, il bene comune.

Da qui il quarto cambio di paradigma del saggio: il coraggio di introdurre una nuova teologia della disabilità. In questo senso, il percorso di cambiamento che oggi la Chiesa sta vivendo può diventare un’opportunità per introdurre spazi e linguaggi per una nuova pedagogia della disabilità.

Alberto Fontana e Giovanni Merlo hanno presentato anche il nuovo blog “A Sua immagine?” www.asuaimmagine.it. Uno spazio per continuare il viaggio con gli stessi autori fatto di incontri, riflessioni su temi che toccano il senso ed il significato del nostro essere al mondo, a prescindere dalle proprie abilità o disabilità. Aperto per un dibattito interattivo con i lettori, il blog è già ricco di articoli che suggeriscono letture, film, camei e, non ultima, l’agenda degli appuntamenti live dove incontrarsi e confrontarsi.

Pagine, quelle del libro come anche quelle del blog, che pongono domande e questioni alle quali gli autori non hanno alcuna pretesa di dare risposte, ma la volontà di aprire domande nuove, per continuare il cammino di ricerca che ogni uomo e donna del nostro tempo è chiamato a fare. 

SINOSSI DEL LIBRO

In questo saggio, il dibattito tra disabilità e fede accompagna il lettore in un intenso percorso di riflessione, ponendo al centro l’evoluzione stessa dei significati di disabilità, sui quali la Chiesa ancora oggi si interroga. Ed il punto di partenza del viaggio è il contributo di Justin Glyn, con la sua opera “Non loro ma noi, il nuovo sguardo della Chiesa sulla disabilità”, pubblicato nel gennaio 2020 su Civiltà Cattolica, la storica rivista della Compagnia di Gesù.

Australiano gesuita, non vedente, avvocato e docente di diritto canonico, Justin Glyn compie un’analisi storica sulla teologia della disabilità, a partire dalla duplice posizione dei testi della dottrina della Chiesa: disabilità come risultato del peccato originale, da un lato; disabilità come strumento di redenzione dall’altro. Nella sua riflessione, l’autore sintetizza questo dualismo teologico in un’immagine – “il Noi e il loro” – che richiama inevitabilmente ad una dimensione sociale, dove la disabilità è ancora troppo spesso non vissuta, compresa e accolta come parte del nostro essere uomini e donne di oggi.

Dalla lucida e provocatoria analisi di Glyn, Alberto Fontana e Giovanni Merlo, curatori del saggio, pongono domande a voci autorevoli, che dal loro osservatorio privilegiato, al di là della loro esperienza religiosa, aprono ad ulteriori interrogativi e considerazioni, fondamentali nella costruzione di una nuova cultura della disabilità.

Tre sono i temi dibattuti in queste pagine. Innanzitutto, i significati del “Noi”: perché un “Noi”? Quale ricerca per sentirci parte di un disegno comune? Con il contributo di Ilaria Morale, Professore Straordinario di Teologia Dogmatica e Membro della Società degli Storici della Religione e dell’Academie Intenationale des Sciences Religieuses (Bruxelles), la riflessione si apre a cosa significhi oggi per la Chiesa e per la società vivere il superamento della retorica dell’inclusione, ponendo lo sguardo alla necessità e alla ricerca di pensare ad una nuova teologia della disabilità.

A questo tema, si unisce la seconda domanda di senso sui significati del nostro essere, o meglio, del nostro essere così: Perché sono nato nella condizione di disabilità? Da dove vengo e dove vado?
Ed è proprio quell’avverbio “così”, che rende la domanda pregnante, perché presuppone una diversità intrinseca con la quale difficilmente ancora oggi la società fa i conti. Sono questi gli interrogativi che, senza filtri, vengono posti a Don Virginio Colmegna, presidente di Fondazione Casa della Carità; a Padre Giuseppe Bettoni, presidente di Fondazione Arché; e a Don Giacomo Panizza, Presidente di Comunità Progetto Sud. Questioni che gli autori affrontano alla luce della loro esperienza, leggendo il tema della disabilità attraverso quelle che vengono chiamate “storie di prossimità”, grazie alle quali condividere una relazione di appartenenza, di reciprocità e che permette di andare oltre il dualismo “Noi-loro”. Una rivoluzione mentale copernicana che afferma come la nostra condizione del nostro essere uomini è il “luogo teologico” nel quale Dio stesso di rivela. Un cambio di paradigma, che invita a superare gli stereotipi e i principi teorici acritici, lontani dalla realtà, per abbracciare una visione sapienziale della Parola, accogliendo il tesoro racchiuso in essa.

Il saggio si chiude con la domanda che di fatto ha dato origine alle riflessioni, ossia, le ragioni del rapporto controverso tra Chiesa e disabilità, non solo facendo riferimento a quelle che gli autori chiamano le “piccoli e grandi ferite” ancora aperte in coloro che sono impegnati nella difesa e nella promozione dei diritti delle persone con disabilità, ma il richiamo è anche alla mancata ratifica da parte della Santa Sede della Convenzione ONU sul medesimo tema dei diritti, senza aver aperto il dialogo con i tanti cristiani che lottano nel mondo per difenderli. Per cercare di capire le origini di questa frattura gli autori hanno posto la domanda a Matteo Schianchi, storico della disabilità; Salvatore Nocera, definito uno dei più grandi leader associativi espressi da FISH e Roberto Speziale, presidente di Anffas. Tema che va al cuore del dibattito tra fede e disabilità, affrontato con la visione appassionata e lungimirante del sentirsi parte integrante di quel disegno di salvezza, di quel destino comune che fa di ogni uomo segno della presenza di Dio, a prescindere dalle sue abilità e disabilità. La riflessione sul tema si conclude citando gli interventi di Papa Giovanni Paolo II e Papa Francesco, quali esempi del cammino di consapevolezza della Chiesa nel superare la visione dualistica di cui parla Glyn.

Il saggio pone domande e questioni alle quali non si ha la pretesa di dare risposte, ma la volontà di aprire sollecitazioni per continuare il cammino di ricerca che ogni uomo e donna del nostro tempo è chiamato a fare. Tutto questo a partire dalla consapevolezza che, nella visione cristiana, Dio non è indifferente o lontano alla presenza del male, pur non sottraendo l’uomo alla sua libertà e alla sua responsabilità. E all’uomo è affidato il compito di riconoscere e riconoscersi nell’immagine di bellezza che nella Bibbia viene definita “immagine di Dio”.