Un appartamento, due giovani donne con sindrome di Down, due coinquilini e un progetto concreto per imparare a vivere da sole. È partita così la Palestra di autonomia, un’iniziativa nata dalle famiglie, in collaborazione con Fondazione SON.
Il progetto ha preso avvio a febbraio e prevede che le partecipanti vivano in uno degli alloggi della Fondazione, contribuendo alla gestione della casa e alla condivisione degli spazi, come parte integrante dell’esperienza di autonomia. Ma non si tratta semplicemente di un rapporto di normale locazione e convivenza. È piuttosto un cammino graduale, che comincia con una frequentazione diurna della “casetta” e si sviluppa fino al pernottamento con tempi via via più prolungati di permanenza, man mano che cresce la confidenza con l’ambiente e con la vita insieme.
Elena e Chiara, di 25 e 27 anni, condividono l’esperienza con altri due coinquilini, un giovane lavoratore e una studentessa. «Non è un progetto per loro, bensì è un progetto con loro», racconta Elisabetta Cossutta, madre di Elena e volontaria del centro di ascolto di SON. «Sono loro le protagoniste: sono loro a scegliere, a fare proposte, a mettersi in gioco».
L’obiettivo è semplice e ambizioso al tempo stesso: allenarsi alla vita adulta, sviluppando competenze personali, relazionali e sociali, in vista di un futuro residenziale indipendente. Ogni ragazza segue un proprio percorso, personalizzato, costruito con il supporto di una rete di figure educative e professionali. Il progetto è stato infatti scritto da una case manager e viene attuato in collaborazione con una pedagogista e una psicologa dell’associazione Vividown. E, naturalmente, si avvale del costante apporto delle famiglie.
«Abbiamo pensato anche al nostro ruolo come genitori», continua mamma Elisabetta, «Anche noi dobbiamo fare la nostra parte nel favorire l’accoglimento dei desideri di vita autonoma dei nostri figli: questo progetto ci aiuta a farlo, accompagnandoli e sostenendoli».
Sono già partiti i cosiddetti percorsi di avvicinamento, con cene preparate e consumate insieme. C’è stato anche un incontro con le educatrici, i genitori e gli altri abitanti per definire insieme le regole della convivenza. Tra le altre, si è stabilito di togliere le scarpe in casa, di non accendere più elettrodomestici contemporaneamente, di lasciare gli spazi comuni in ordine. Chiara si è preoccupata di come accendere le luci della scala per potersi recare in bagno, così come ha fatto oscurare gli oblò della camera perché dorme solo col buio. Elena ha preparato da sola la sua valigia in vista delle due notti che nel frattempo ha già trascorso fuori casa e poi ha contribuito alla pulizia della camera dove ha pernottato.
«Piccole cose che raccontano tanto», aggiunge mamma Elisabetta, «dove al centro di tutto c’è la relazione. Le ragazze, in dialogo con i coinquilini, si allenano alla vita adulta, non in un contesto protetto, ma in uno spazio reale, condiviso, abitato. Un passo dopo l’altro, verso una maggiore autodeterminazione».
Il progetto della Palestra di autonomia è stata approvato da ATS Milano. Attraverso i fondi della legge 112/2016 verranno rimborsati i costi per gli interventi educativi fino al tetto di spesa previsto per un anno. L’affitto è a carico, mentre il centro di ascolto di SON ha avuto un ruolo fondamentale nell’intercettare e accompagnare il bisogno.
«Come centro di ascolto», conclude Elisabetta «accogliamo proprio storie di chi cerca spazi di crescita, relazioni, possibilità. Il tema della residenzialità torna spesso, e la Palestra di autonomia risponde a questo bisogno. Il nostro obiettivo è allargare, in futuro, l’esperienza ad altre famiglie».